Esacerbazione pericolosa per la vita o insufficienza respiratoria imminente
Ammissione in unità di terapia intensiva
Ammettere in terapia intensiva i pazienti che richiedono supporto ventilatorio e quelli con asma acuta grave o pericolosa per la vita che non rispondono alla terapia standard.
Per valutare tale situazione, ricercare:
-deterioramento del picco del flusso espiratorio (PEF)
-ipossia persistente o peggioramento di essa
-ipercapnia
-emogasanalisi che mostra una caduta del pH o una concentrazione di idrogeno in aumento
-paziente esausto
-respiro flebile
-confusione o coscienza alterata
-arresto respiratorio.
Ammettere il paziente e chiedere aiuto ad un collega piú anziano/o di terapia intensiva.
Il paziente deve essere accompagnato da un infermiere o da un medico in ogni momento.
Eseguire un primo monitoraggio, valutando le vie respiratorie del paziente, la respirazione e la circolazione.
Per i pazienti in arresto cardiorespiratorio, iniziare la rianimazione cardiopolmonare per il supporto vitale e richiedere aiuto.
Attenzione!
I pazienti con asma che presentano sintomi respiratori rischiano di aggravarsi molto rapidamente.
In comunità
ln comunità, organizzare l'ammissione immediata all'ospedale tramite un'ambulanza per qualsiasi paziente con possibile asma pericolosa per la vita e per pazienti con asma grave acuta.
Avvisare l'unità ospedaliera che riceverá il paziente
Considerare altri fattori, come la mancata risposta al trattamento
Ossigeno
Somministrare con urgenza ossigeno supplementare ai pazienti ipossiemici, utilizzando una maschera viso, una maschera Venturi o una cannula nasale con portata regolata secondo necessità per mantenere una saturazione di ossigeno (SpO2) dal 93% al 95%.
L'ossigeno controllato e a basso flusso è associato a risultati migliori rispetto a quello ad alta concentrazione.
Monitorare SpO2.
Registrare la saturazione dell'ossigeno mediante pulsossimetria
Mantenere la SpO2 arteriosa al 93% al 95%.
Non ritardare la somministrazione di ossigeno in assenza di pulsossimetro.
Ripetere l'emogasanalisi entro un'ora dall'inizio del trattamento se:
la pressione iniziale parziale dell'ossigeno (PaO2) è <8 kPa (<60 mmHg) a meno che SpO2 non sia >92%,
o
la pressione parziale iniziale di anidride carbonica (PaCO2) è normale o aumentata, o
le condizioni del paziente si deteriorano.
Ripetere l'emogas e l’ossimetria di nuovo dopo 4-6 ore se la condizione del paziente non è migliorata.
Monitorare il paziente per l'ipercapnia.
L’ ipercapnia indica lo sviluppo di asma quasi fatale.
Chiamare l'intervento specialistico/anestetico di emergenza se è presente l'ipercapnia.
Fare attenzione ad evitare ipossia e sovra-ossigenazione.
Continuare a dare ossigeno se il paziente non migliora dopo 15-30 minuti di trattamento.
Broncodilatatori ad azione breve
Somministrare un agonista beta-2 ad azione breve (ad esempio salbutamolo) ad alta dose come agente di prima linea il prima possibile.
Gli agonisti beta-2 inalati agiscono rapidamente e presentano pochi effetti collaterali.
Gli agonisti beta-2 inalati sono efficaci e sono preferibili agli agonisti beta-2 per via endovenosa
Misurare e registrare il PEF prima e dopo l’agonista beta-2 a breve durata e almeno 4 volte al giorno durante il soggiorno ospedaliero del paziente.
Usare un inalatore a dose misurata con un distanziatore per l'agonista beta-2 se non è disponibile un nebulizzatore.
Somministrare agonisti beta-2 endovenosi al paziente in cui la terapia inalata non può essere utilizzata in modo affidabile.
Considerare il monitoraggio dei lattati sierici quando si usano agonisti beta-2 endovenosi.
Nei pazienti ventilati, considerare gli agonisti beta-2 parenterali oltre agli agonisti beta-2 inalati.
Se il paziente non migliora dopo 15-30 minuti di trattamento, usare la nebulizzazione continua di salbutamolo.
In alternativa, somministrare dosi ripetute a intervalli di 15-30 minuti.
Aggiungere ipratropio nebulizzato al trattamento beta-2 agonista a breve durata, tramite un nebulizzatore a ossigeno.
La terapia combinata produce una broncodilazione significativamente maggiore rispetto all'uso del solo agonista beta-2 a breve durata, e porta ad un recupero più veloce e una durata più breve della degenza.
Continuare ipratropio ogni 4-6 ore fino a quando il paziente non migliora.
Cortisonici sistemici
Somministrare un corticosteroide il prima possibile.
Si raccomanda di farlo entro 1 ora.
Somministrare prednisolone orale, a condizione che possa essere ingerito e trattenuto dal paziente.
Considerare l'idrocortisone parenterale o il metilprednisolone come alternativa al trattamento orale, allorquando il trattamento orale non è possibile (ad esempio, il paziente è troppo dispnoico per ingoiare, o vi è vomito, o richiede ventilazione o intubazione
Proseguire il prednisolone (o il corticosteroide parenterale alternativo) fino al recupero (per un minimo di 5 giorni).
Sostituire un corticosteroide orale al corticosteroide parenterale quando il trattamento orale può essere tollerato dal paziente.
Dosaggi
prednisolone: 40-50 mg per os una volta al giorno per almeno 5 giorni
idrocortisone sodico succinato: 100 mg per via endovenosa ogni 6 ore; convertire in prednisolone orale il più presto possibile
o
metilprednisolone sodico succinato: 160 mg per via intramuscolare (formulazione deposito) come dose singola
Trattamento di supporto
Somministrare liquidi endovenosi se necessario e correggere gli squilibri elettrolitici.
Solfato di magnesio
Considerare una singola dose di solfato di magnesio endovenoso per il paziente con asma con PEF <50% o che non ha risposto bene alla terapia iniziale con broncodilatatore per inalazione
è stato dimostrato che Il solfato di magnesio endovenoso é in grado di ridurre i ricoveri ospedalieri con gravi esacerbazioni e in coloro che non riescono a rispondere al trattamento iniziale.
Consultare i colleghi piú esperti prima dell'uso.
Dosaggi
solfato di magnesio: 1,2 a 2 g per infusione endovenosa in 20 minuti
Considerare l'aminofillina
Trattamento aggiuntivo raccomandato per i pazienti selezionati
Considera in pazienti con asma a rischio di vita che hanno avuto una risposta scarsa alla terapia iniziale.
Controllare i livelli di teofillina nel sangue sull'ammissione in qualsiasi paziente che già assume aminofillina orale o teofillina.
Controllare i livelli ematici giornalieri per tutti i pazienti con infusione di aminofillina fino a quando non viene interrotta l’ iniezione endovenosa.
Misurare la concentrazione sierica di teofillina se l’aminofillina viene continuata per più di 24 ore (mirare a una concentrazione di 10–20 mg/L [55-110 micromol/L], sebbene le concentrazioni più basse possano essere efficaci)
Gli effetti avversi possono verificarsi in questo intervallo; tuttavia, la frequenza e la gravità aumentano a concentrazioni >20 mg/L.
Regolare la velocità di infusione, se necessario.
Dosaggi
aminofillina: 250-500 mg (massimo 5 mg/kg) per via endovenosa come dose di carico, seguita da 500-700 microgrammi/kg/ora per infusione endovenosa,
aggiustare la dose in base alla concentrazione plasmatica di teofillina