RICERCA TRA GLI OLTRE 10MILA ARGOMENTI

13 maggio 2015

LESIONE DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE

Cenni di anatomo-fisiopatologia
All’interno dell’articolazione del ginocchio ci sono due legamenti interposti tra tibia e femore i legamenti crociati detti così perché si incrociano al centro dell’articolazione; sono il legamento crociato anteriore ed il legamento crociato posteriore

Tali legamenti hanno la funzione di limitare rispettivamente il movimento di traslazione anteriore o posteriore della tibia rispetto al femore, garantendo la stabilità dell’articolazione.

Il legamento crociato anteriore è sottoposto ad estreme sollecitazioni meccaniche soprattutto durante l’attività sportiva ed i traumi, per cui la rottura è nella maggioranza dei casi di natura sportiva o accidentale


Quadro clinico
La lesione è caratterizzata da un improvviso, doloroso rumore di crack Spesso si verifica dolorabilità a livello del condilo femorale laterale, del piatto tibiale laterale e linea articolare tibiofemorale

Il paziente si presenta in genere incapace di tornare nella piena attività, accusa instabilità articolare e rapido sviluppo di un'effusione (solitamente emartrosi) che si manifesta con tumefazione del ginocchioDopo alcuni minuti tuttavia, se la lesione è isolata, può a volte rialzarsi e camminare.

La diagnosi di lesione è prevalentemente di tipo clinico

L’esame obiettivo consiste in varie manovre cliniche. La “manovra di Lachman” conferma il sospetto diagnostico di lesione del legamento crociato anteriore. Altre manovre da utilizzare per confermare la diagnosi sono il “segno del cassetto anteriore”, che non è tuttavia sempre positivo nelle lesioni pure, ed il “Pivot-shift test”, che risulta però difficile da obiettivare in acuto per il subentrare della contrazione antalgica.


Trattamento
L'intervento chirurgico è riservato ad un soggetto giovane, motivato e che esegue attivitàsportive ed è disposto ad affrontare i sacrifici necessari per il programma di riabilitazione.

L'approccio conservativo è indicato invece per le persone anziane e con vita sedentarie, che con fatica si sottoporrebbero ad un programma riabilitativo intensivo dopo un intervento chirurgico.

10 maggio 2015

NIVOLUMAB

Nivolumab è un anticorpo che blocca il cosiddetto recettore di morte programmata

È utilizzato per il trattamento del melanoma e per il trattamento del cancro al polmone metastatico non a piccole cellule squamose.

In contrasto con la chemioterapia tradizionale e con le solite terapie mirate anti-cancro, che esercitano i loro effetti di inibizione di crescita direttamente sul tumore, nivolumab agisce invece inducendo il sistema immunitario dell'organismo stesso ad attaccare il tumore.

Vediamo in che modo

La PD-1 è una proteina che si trova sulla superficie delle cellule T attivate.
Questo è un sistema con il quale l'organismo stesso regola il sistema immunitario, per evitare una reazione eccessiva.

Se un'altra molecola, chiamata ligando 1 (PD-L1) si lega al PD-1,
la cellula T diventa inattiva.

 Poiché molte cellule tumorali costruiscono PD-L1, esse stesse possono disarmare le cellule T e inpedire loro di attaccare il tumore.

Nivolumab impedisce che la PD-L1 si leghi a PD-1, permettendo alla cellula T di attaccare di nuovo il cancro.

8 maggio 2015

CARDIOMIOPATIA DIABETICA

Anamnesi
diagnosi di diabete mellito


Quadro clinico
poliuria, polidipsia, se il diabete non è stato ancora diagnosticato.
 Sintomi e segni di insufficienza cardiaca: dispnea, ortopnea, dispnea parossistica notturna, disagio addominale, edema degli arti inferiori
importante escludere una malattia coronarica in pazienti con diabete mellito che si presentano con una sospetta cardiomiopatia



Esame clinico
1) segni di complicanze del diabete: 
malattia vascolare periferica
ulcere
retinopatia diabetica

2) segni di insufficienza cardiaca: 
distensione venosa giugulare, edema periferico


 Esami diagnostici
 glicemia a digiuno: > superiore a 125 mg/dL)
 HbA1c: superiore a 6,5%
 ECG: cambiamenti  aspecifiche del tratto ST-T
 Rx torace: siluette cardiaca allargata
 Eco cardiaco: evidenza di disfunzione diastolica e/o disfunzione sistolica
 Peptide natriuretico di tipo B: più elevato

INSUFFICIENZA RENALE CRONICA, TESTS DIAGNOSTICI

Primi tests da prescrivere
Creatinina sierica
È il test di screening per determinare se vi è un filtrato glomerulare anormale
Può essere erroneamente bassa in condizioni di massa muscolare ridotta, come anche in pazienti di età avanzata o malnutriti, o con insufficienza epatica. 
 Il valore normale di creatinina negli uomini è 70-120 micromol/L (0,8-1,4 mg/dL) e nelle donne 50-97 micromol/L (0,6-1,1 mg/dL). 
Tuttavia, vi può essere una variazione significativa a causa dei diversi metodi di calibrazione tra laboratori, con una differenza nelle misure della creatinina fino a 35 micromol/l (0,2 mg/dL).



Analisi delle urine
 È il test di screening per determinare i markers patologici di danno renale nelle urine.
vi può essere infatti ematuria e/o proteinuria
 La microalbuminuria
 La microalbuminuria è un fattore di rischio per lo sviluppo di malattia renale progressiva cronica (CKD) e coronaropatia associate a diabete mellito ed ipertensione.
La ricerca di microalbuminuria è indicata nei pazienti con diabete ed insufficienza renale cronica, se non vi è evidenza di proteinuria nello stick delle urine
Vi è microalbuminuria quando vengono rilevati valori di albumina nelle urine che variano in un range tra 30 e 300 mg/die



Ecografia renale
 Aiuta a diagnosticare una malattia renale cronica se  è presente atrofia renale o a diagnosticare ostruzione con idronefrosi o ritenzione vescicale
Presenza di rene piccolo 
presenza di ostruzione/idronefrosi
presenza di calcoli renali

Stima del GFR
 Determina in modo più accurato mediante equazioni matematiche quali Cockcroft-Gault, la malattia renale e la fase di gravità.

Si parla di valori patologici  quando il filtrato glomerulare è inferiore o uguale a 60 mL/minuto/1.73 m^2





Ulteriori importanti tests da considerare

TAC addominale
è utile per determinare la presenza o l'assenza di calcoli renali e conferma la componente ostruttiva. 
È anche utile per valutare ulteriormente le lesioni cistiche o le lesioni tipo massa nel rene. 
Il mezzo di contrasto endovenoso è controindicato in pazienti ad alto rischio, come quelli con malattia renale cronica, con una riduzione del GFR stimato inferiore a 60 mL/minuto, in quanto può causare danno renale acuto.
Quindi la TAC renale può rivelare, calcoli renali, cisti o masse renali



Biopsia renale
determina l'eziopatologia di una malattia renale cronica come nelle sindromi nefritiche e nefrosiche glomerulari e nei diabetici con presentazioni atipiche quali insufficienza renale rapidamente progressiva. 
Fornisce la comprensione nelle opzioni di trattamento basate sulla gravità o la cronicità delle lesioni dei glomeruli e dell'interstizio.


Radiografia addominale 
 Test aspecifico che può essere di aiuto nell'individuazione di  calcoli renali contenenti calcio
I calcoli di urati non sono evidenti in radiografia normale.

Risonanza magnetica addominale
Caratterizza ulteriormente le lesioni tipo massa del rene, come per es. il carcinoma a  cellule renali.
  Le RMN eseguite con gadolinio sono stati associate a fibrosi  sistemica nefrogenica nei pazienti con malattia renale. 
È consigliabile che i pazienti con un GFR valutato (eGFR) inferiore a 30 mL/minute/1.73m^2 non siano sottoposti a studi con gadolinio. 
Se necessario, può essere indicata l'istituzione di emodialisi per la rimozione del gadolinio stesso.
Il rischio di fibrosi sistemica  nefrogenica è poco chiaro in pazienti con un eGFR  da 30 a 60 mL/minute/1.73 m x2 e quindi gli studi basati sull'uso del gadolinio dovrebbero essere evitati o utilizzati con cautela fino a quando ulteriori valutazioni vengano eseguite in questi pazienti.

7 maggio 2015

COLESTEROLO... QUESTO CONOSCIUTO!

Sulla base di queste considerazioni parte il progetto “Colesterolo, una questione di famiglia”, un’indagine civica promossa da Cittadinanzattiva, attraverso le reti del Tribunale per i diritti del malato e del Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici, realizzata grazie al contributo non condizionato di Sanofi. Il progetto è stato presentato oggi a Roma presso il Senato della Repubblica.

Obiettivo dell’indagine è far luce su una patologia ad alto impatto clinico e sociale come l’ipercolesterolemia familiare, sull’attuale qualità delle cure e sulle criticità nella sua gestione.

Rivolto ai pazienti e compilabile anche online sul sito www.cittadinanzattiva.it, da giugno a settembre, l’ indagine valuta i seguenti temi: le dislipidemie e l’ipercolesterolemia familiare, le difficoltà della persona e della famiglia, la prevenzione, la diagnosi, il percorso di cura, la gestione e il monitoraggio della patologia, la terapia e l’umanizzazione delle cure.

“Solo ciò che è misurabile è migliorabile. E l’indagine civica sull’ipercolesterolemia familiare ha proprio questo scopo: produrre evidenze, dal punto di vista dei cittadini e dei pazienti, sull’attuale organizzazione dei servizi, sulla capacità di presa in carico, sulle difficoltà che pazienti e familiari devono affrontare nella vita quotidiana dentro e fuori i servizi sanitari”, afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. “Vogliamo non solo scattare una fotografia dello stato attuale delle cose, ma offrire anche strumenti e suggerimenti per superare le difficoltà che incontrano le persone con questa patologia e i loro familiari. Lo faremo insieme alle associazioni di pazienti, che saranno protagoniste in questa attività, e alle società scientifiche che ci aiuteranno a mettere meglio a fuoco la realtà”.

Lo strumento di indagine è realizzato da Cittadinanzattiva con il coinvolgimento delle seguenti Società Scientifiche: AMD – Associazione Medici Diabetologi; FADOI – Federazione delle Associazioni Dirigenti Ospedalieri Internisti; GICR – Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa; GISE – Società Italiana di Cardiologia Invasiva; SID – Società Italiana di Diabetologia; SIMEU – Società Italiana di Medicina di Emergenza Urgenza; SIMG – Società Italiana di Medicina Generale; SIP – Società Italiana di Pediatria; SIPREC – Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare; SISA – Società italiana per lo Studio dell'Aterosclerosi. A queste si affiancano alcune Associazioni di pazienti aderenti al CnAMC – Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici, quali: AIDE – Associazione Italiana Dislipidemie Ereditarie; ALICE – Associazione per la Lotta all'Ictus Cerebrale; ANIF – Associazione Nazionale Ipercolesterolemia familiare; CIDO – Comitato Italiano per i diritti delle persone affette da obesità e disturbi alimentari; CONACUORE – Coordinamento Nazionale delle Associazioni del Cuore; FAND – Associazione Italiana Diabetici).

L’indagine civica sarà presentata nel mese di novembre 2015.

Alcuni dati sulla patologia e sui rischi connessi - Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di mortalità in Europa. In Italia, provocano il 35%dei decessi maschili e il 43% di quelli femminili.

Uno dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari è rappresentato da elevati livelli di “colesterolo cattivo” (c-LDL) nel sangue. Secondo i dati 2013 dell’ Istituto Superiore di Sanità, il 79% degli intervistati dichiara di aver misurato almeno una volta nella vita la colesterolemia. Fra questi, il 24% riferisce di aver ricevuto una diagnosi di ipercolesterolemia.

Non sempre l’ipercolesterolemia è dovuta a cattive abitudini di vita. In Italia, molte persone convivono con livelli elevati di colesterolo LDL, non a causa di un’alimentazione disordinata e ricca di grassi, ma per una causa genetica. In questi casi si parla di ipercolesterolemia familiare, una condizione ereditaria che, nella forma più frequente, quella eterozigote, si stima colpisca nel mondo tra i 14 e i 34 milioni di persone, mentre in Italia potrebbero esserne affette circa 120.000/300.000 persone. Inoltre, i soggetti con ipercolesterolemia familiare eterozigote hanno il 50% di possibilità di trasmettere la malattia ai propri figli.

Purtroppo però solo meno dell’1% di questi pazienti riceve una diagnosi, con un rischio notevole di sviluppare patologie cardiovascolari: se non adeguatamente trattata, l’ipercolesterolemia familiare comporta infatti un rischio 20 volte maggiore di insorgenza di malattie cardiache precoci. Fondamentali sono quindi una diagnosi precoce e un trattamento adeguato e tempestivo.

La diagnosi di ipercolesterolemia familiare può essere fatta in molti casi anche clinicamente sulla base di alcuni indicatori, quali: elevati livelli di «colesterolo cattivo» nel sangue, una storia di eventi cardiovascolari precoci e regressi, una storia di infarto o ictus precoci in famiglia. A questi si associano alcuni segni clinicivisibili peculiari della malattia, come rigonfiamenti sui tendini del tallone e delle mani e dei depositi giallognoli di grasso intorno agli occhi. Meno comunemente si osservano anelli biancastri intorno alla cornea.

FASCITE PLANTARE

È dovuta ad una perdita di elasticità della fascia plantare, ovvero la striscia di tessuto che dal tallone attraversa tutta la fascia del piede, e che ha la funzione di sostenerlo.

Più comunemente colpisce soggetti tra i 40 e i 60 anni, che sono in sovrappeso o che sono obesi o diabetici
Si verifica anche in soggetti che praticano la corsa, la danza e le attività professionali che costringono per molto tempo alla stazione eretta o ancora nei soggetti che portano calzature inadeguate


Diagnosi
La diagnosi di solito si basa su una storia completa ed un esame fisico.

Si instaura un dolore lancinante che si concentra a livello del tallone o più spesso nella parte centrale della pianta del piede allorquando, dalla posizione seduta o coricata, il paziente assume la posizione eretta.
Il dolore rassomiglia a quello provocato da un ago che penetra nella pellee può irradiarsi lateralmente al tallone.

Per fare diagnosi di fascite plantare, il dolore deve essere alleviato dal riposo.

Non c'è alcun test di laboratorio che può confermare o escludere la diagnosi.

Un Rx del piede può essere utile per escludere altre patologie.
Uno sperone infracalcaneare, per es. si può riscontrare nel 40-50% dei casi.

Se non adeguatamente curata, la fascite plantare può diventare cronica, e provocare problemi al piede, alle ginocchia, al femore ed alla schiena.


Trattamento
Il trattamento conservativo è lo standard di cura per il dolore acuto anche se il 10% dei casi sono recalcitranti e non rispondono alle cure mediche nel corso di 12 mesi. Il trattamento conservativo comporta una terapia di combinazione (per esempio, imbottitura sotto il tallone, cambio di scarpe, farmaci antinfiammatori non-steroidei ed esercizi di stretching

In casi recalcitranti, la chirurgia ha dimostrato di essere efficace.